domenica 5 ottobre 2008

Il libro


Roma, Torino, Fluminimaggiore, Kabul, Arezzo, Khost, Osimo, Santiago del Cile, Valparaiso, Baghdad, Bari, Kuwait City, Nassirya, Bassora, Milano, Nicosia, Frascineto, Beirut, Damasco, Città del Capo, Trapani, Tunisi, Zarziz, Rimini, Beslan, Roma.

Gennaio 2003, gennaio 2005

“Novanta giorni fuori. All’anno. Per due anni. Forse, diventi inviato. Di sicuro scopri quant’Italia non entra in tv, figuriamoci quanto mondo. E tu stai in mezzo, tra il vedere e il capire, fortunato e inadeguato, specchio del tuo tempo breve”.

Due anni che cominciano con piccole storie italiane fuori moda in quest’epoca di governo televisivo e finiscono con i lumini di Cracovia in mondovisione. In mezzo i dopoguerra afghani e irakeni, il Cile del dopo Pinochet, il Sudafrica del dopo Mandela, il Libano che ricorda la paura dei rapimenti, il muro invisibile di Cipro, i porti nordafricani degli imbarchi disperati, la scuola vuota di Beslan.

“Un diario misto che raccoglie quello che va in onda e quello che resta fuori. Il contrappunto tra la tua vita quotidiana in posti come Kabul e Baghdad (per citare i più alla moda), le cose che stai leggendo, le persone a volte straordinarie che incontri e quello riesci a raccontare. Sempre provando a misurare la distanza tra il piccolo e lucido mondo della realtà televisiva e quello grande, multiforme, inarrivabile che gira su se stesso ogni giorno, dalla sera alla mattina”.

Un libro che offre un ritratto inedito e sincero di chi si ritrova a fare il mestiere di giornalista in questi tempi, in questo paese, in questa tv.

La frase

“Sono a Bari quasi per compensare il mese irakeno. Una classica storia italiana forse è quello che ci vuole per prendere le distanze dall’elenco di morti e macerie che mi è restato addosso. Se devo sinceramente dirvi quello che mi colpisce ancora adesso è lo sbattere improvviso delle porte. Soprattutto la mattina presto in albergo ti svegliavi con rumori che solo dopo un po’ imparavi a distinguere. Anche oggi prendo in considerazione istintivamente l’ipotesi che una porta che sbatte possa essere qualcos’altro”.

Dalla prefazione di Pier Luigi Celli

“Il desiderio di condividere emozioni, paure e speranze. Così è nato il suo reportage, dietro e sotto l’ufficialità degli eventi, là dove le cose acquistano il loro senso vero e le cause e gli effetti tornano ad avere un legame comprensibile. A leggerlo emerge la soddisfazione di capire, e insieme il gusto di entrare in una storia che finalmente strascina anche noi, sedentari inveterati”.

L'autore

“Né alto né basso, né famoso né completamente sconosciuto. Sono un giornalista televisivo medio. Uno di quelli che sta nella pancia della tv”.

Angelo Figorilli oggi lavora come inviato nella redazione esteri del Tg2. Autore di Tvzone programma su linguaggio e televisione, ha collaborato all’ultima edizione di Pinocchio (Rai2) e ha condotto il Tg2 economia.

sabato 4 ottobre 2008

foto





afghanistan inverno 2003 in alto a sinistra Ettore Mo e  bambini sulle rive del fiume Kabul, Ettore Mo e Angelo Figorilli, una ragazza al mercato, due uomini che aspettano, ancora bambini afghani. 

venerdì 3 ottobre 2008

dissero

Non solo a Kabul, Bagdad e Beslan. Anche Rimini,con la famiglia di Simona Pari, appena rapita. O a Milano con la professoressa che discuteva  di archeologia con Bin Laden. Angelo Figorilli, inviato del Tg2, si definisce “giornalista televisivo medio”. Ma come molti inviati (di guerra o no)  non ha pace. O almeno non ha pace  la sua curiosità per il mondo.

Marco Cicala

“Il Venerdì”, 8 luglio 2005

 

 

“…consiglio caldamente la lettura  di un piccolo libro pubblicato  da un piccolo editore, Edizioni Interculturali. Un giornalista del Tg2 racconta  tutto quello che ha visto in anni di lavoro  da inviato Rai e che non ha mai mandato  in onda, essendo il suo compito  quello di trasmettere servizi da un  minuto a volte due, e pazienza se  quel che succede nel mondo non entra  in scaletta. Angelo Figorilli, che non  è un divo da talk show dunque il suo  nome non vi dirà nulla, è uno bravo. Ha scritto Il cane Patàn e altre storie, racconta della sopravvissuta di Beslan che vive ancora nella scuola e della professoressa italiana che ha preso un tè con Bin Laden. Peccato non essere in America,  ci farebbero un film. Qui da noi con un po’ di fatica si trova in libreria”.

Concita De Gregorio

“D” de “La Repubblica”, 30 luglio 2005

 

 

Tra diario e reportage, i bei resoconti  di Angelo Figorilli su Iraq, Afghanistan e realtà italiane. Lui è un giornalista tv e ci racconta quello che rimane fuori dal video. Con qualche vicenda incredibile, come uno strano incontro con Bin Laden.

VISTO, 21 ottobre 2005

 

 

Cosa rimane del lavoro di un giornalista televisivo “medio”, in giro per il mondo per due anni? Se lo è domandato Angelo Figorilli, oggi inviato del Tg2, mettendo insieme le tante storie dietro lo schermo, i personaggi tagliati via, i pezzetti di mondo escluso dai compressi format del telegiornale. E’ nato così uno stranito rosario di avvenimenti  e località, come quelle esotiche toppe colorate  che si applicano alle valigie, di sequenze ambientate a Città del Capo e Kabul oppure a Bari. Però ogni servizio costa fatica, spreca risorse, alimenta disagio perché la regola chiede di sapere  tante notizie nel più breve tempo possibile e raccontarle in una maniera leggera e accattivante. Ma si può fare sulla guerra in Iraq? Sul terrorismo insensato, sulla realtà complicata da condensare  nei 150 secondi del servizio. E viene fuori così questo tentativo di trovare  cause ed effetti delle varie vicende, questo interrogarsi  sorprendente e quotidiano di un mestiere  entusiasmante e convulsivo.

Flaviano De Luca

ALIAS, supplemento settimanale de “Il Manifesto”, 22 ottobre 2005